sabato 7 luglio 2012

La poesia

Lo ammetto, leggere poesia non è mai stato una delle attività che ho privilegiato. Ma forse è dipeso anche dai miei insegnanti che ben poco facevano per farmela (farcela) apprezzare. Durante l'università ho avuto modo di leggere diversi poeti e mi sono reso conto che sì, Shakespeare, Keats, Byron e altri, potevano darmi qualche momento di emozione ma quelli a cui - a pelle - mi sentivo più vicino, erano i "maledetti", gli irriverenti, quelli che davano scandalo. Un po' come i pittori che mi affascinavano: da Bosch a Caravaggio al tormentato Van Gogh, la follia e la propensione allo sberleffo irridente mi hanno sempre reso cari alcuni poeti. A partire da François Villon che cinque secoli più tardi sarà l'ispiratore di una canzone di De Andrè, per continuare con Cecco Angiolieri e poi via via fino a Allen Ginsberg con il suo "Urlo" nel quale, in due versi, scattò una immagine tragica e vera della "beat generation" la generazione che negli anni '60 si sarebbe trovata a metà fra l'essere battuta e beata: "Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla follia". E dire che, in fondo, la mia vita non è stata improntata alla follia, anzi direi che è stata piuttosto "normale". Però quei poeti mi ispiravano una simpatia che nasceva forse dalla voglia, che così spesso mi sentivo dentro, di mandare a quel paese il collega lazzarone o lo sfaticato di turno, il profittatore e il furbino che pensa sempre di farla franca. La volgia di commentare sarcasticamente le sparate pompose di colui che si reputava importante. Le mie letture, per anni, hanno preso direzioni diverse e da parecchio avevo smesso di andare alla ricerca di poesia. Solo recentemente - devo dire grazie a facebook - ho ritrovato la voglia di leggere qualche verso. Grazie a chi mi ha portato su quelle "pagine" i versi di Alda Merini. E a pensarci bene non è poi così strano che a farmi ritrovare il piacere della poesia sia una donna "diversa", una che soffriva della stessa malattia di un altro maledetto: Baudelaire. Su Wikipedia (come si farebbe se non ci fosse?) ho trovato questa citazione: "Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita."
Come si fa a non riconoscere a questa donna una grandezza che non ha confini? Come si fa a non pensare che, per noi comuni mortali, la pazzia di certe menti è un dono di cui dovremmo essere grati?